Chi è lo stalker?

Con il termine “stalking” si intende un insieme di comportamenti persecutori reiterati nel tempo, diretti o indiretti, rivolti a una persona conosciuta o sconosciuta, che inducono in chi li subisce uno stato di grave disagio psichico e/o fisico. Lo stalker è un persecutore assillante, che non accetta in distacco originato dalla fine di una relazione, oppure che non sopporta il rifiuto delle sue attenzioni da parte della vittima. Il terrore e l’ansia dell’abbandono inducono questo soggetto ad attaccare sempre di più la persona “amata” nei confronti della quale il desiderio diventa morboso (Meloy,1999). L’insieme delle condotte persecutorie che lo stalker può infliggere alla vittima può essere suddiviso in diverse categorie.

-COMUNICAZIONI INDESIDERATE. Sono rivolte direttamente alla vittima di stalking, ma possono consistere anche in minacce o in contatti con la famiglia, gli amici o i colleghi di lavoro della vittima. Lettere e telefonate sono le forme più comuni di comunicazione, ma gli stalker ricorrono spesso anche a scritti ( non necessariamente inviati in modo diretto alla vittima), oppure utilizzano altri mezzi, come l’invio di sms, mms ed e-mail.

-CONTATTI INDESIDERATI. Comprendono i comportamenti dello stalker diretto ad avvicinare in qualche modo la vittima. Tra questi, i più diffusi sono i pedinamenti, il presentarsi alla porta dell’abitazione o gli appostamenti sotto casa o sul luogo di lavoro, il recarsi negli stessi luoghi frequentati dalla vittima o lo svolgere le stesse attività.

-COMPORTAMENTI ASSOCIATI. Comprendono l’ordine o la cancellazione di beni e servizi a carico della vittima, al fine di danneggiarla o intimidirla. Tipiche condotte di questo tipo sono il far recapitare cibo o altri oggetti all’indirizzo della vittima, anche a tarda notte, oppure la cancellazione di servizi quali l’elettricità o la carta di credito all’insaputa della vittima. Secondo una ricerca realizzata dal Dipartimento di Psicologia della Seconda Università degli Studi di Napoli, compiuta su 300 omicidi avvenuti fra partner ed ex partner tra il 2000 e il 2004, nel 70% degli omicidi la vittima aveva subito episodi di persecuzione prima di morire (Baldry,2007). Secondo un’indagine Eures-Ansa (2012) sono state 2061 le donne uccise dal 2000 al 2011, di cui sette su dieci in ambito familiare, 607 mogli, 207ex mogli e/o ex fidanzate; la metà di queste donne è stata uccisa entro novanta giorni dopo aver troncato una relazione. Questi dati ci dicono che un’importante percentuale di casi di stalking sfocia in un agguato mortale, mentre non è vero il contrario, cioè non tutti i casi di stalking portano all’omicidio.

Per Isabella Merzagora, professore ordinario di Criminologia presso l’Università degli studi di Milano, si possono isolare degli indicatori che dallo stalker della vittima possono portare alla violenza grave. Uno studio condotto su 59 casi di stalking che hanno portato all’omicidio, al tentato omicidio e/o alla violenza sessuale della vittima, avvenuti tra il 1981 e il 2009, ne elenca 10 (De Fazio e Merzagora, 2011). In base a questi indicatori è possibile tracciare l’ipotetico profilo dello stalker che può arrivare a uccidere la vittima, cioè un soggetto che in preda a rabbia e/o vendetta, dopo essere stato lasciato dalla vittima, disoccupato o in condizioni lavorative precarie, quindi molto tempo libero a disposizione, mentre fa uso di alcool e stupefacenti, inizia a mettere in atto reiterate e regolari condotte persecutorie durante il giorno, molestandola anche nei luoghi pubblici, arrivando a danneggiare le sue proprietà, e anche molestarne i parenti e gli amici per avere informazioni importanti sulla vittima stessa, anche diventando violento, e che, nonostante abbia ricevuto ammonimenti o denunce da parte di magistrati e forze dell’ordine non si dà pace e uccide la vittima perché ha la disponibilità di un’arma.

Fabrizio Russo

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