Che cos’è l’autopsia psicologica?

L’autopsia psicologica rappresenta oggi una delle forme di perizia psicologica più usate nei casi di morte violenta. L’obiettivo principale di questa perizia post-mortem è quello di raccogliere i dati riguardanti la vittima al fine di costruire un profilo psicologico della stessa, per ricostruire il suo stato mentale prima del decesso, per valutare in che misura queste specifiche condizioni possono aver svolto un ruolo nella genesi dei fatti che ne hanno determinato la morte.
Attraverso una ricerca discriminativa di elementi e testimonianze provenienti dalla storia clinica, dalle relazioni sociali e affettive, dai rapporti di lavoro e da tutte le altre fonti che permettano nell’insieme di ottenere una conclusione diagnostica fondata si potrà giungere a stabilire una valida ipotesi probabilistica in relazione a quanto è successo in un caso di morte violenta, sia essa da imputare ad omicidio, suicidio o incidente.
Dalle caratteristiche peculiari della vittima, nei casi di omicidio, e dalla costruzione di un suo profilo psicologico si potranno fornire importanti dati per stabilire un profilo dell’aggressore, fornendo un elemento fondamentale di supporto alle investigazioni.
Nei casi di suicidio la costruzione di un profilo della vittima rappresenta un valido strumento per stabilire un modello generalizzato del potenziale suicida da utilizzare a fini preventivi.

Shneidman e Farberow furono i primi a occuparsene agli inizi degli anni ’60 definendola “una ricostruzione retroattiva della vita di una persona capace di individuare aspetti che ne rivelino le intenzioni rispetto alla propria morte, fornire indizi sul tipo di decesso, sul livello (se vi è stato) di partecipazione alle dinamiche del decesso e spiegare i motivi per cui la morte è avvenuta in quel dato momento”.

Il compito dello psicologo forense è quello di ricostruire lo stato mentale della vittima, e per fare ciò si potrà avvalere di interviste strutturate o semi-strutturate a parenti, amici e colleghi di lavoro. Inoltre questi dati possono essere integrati con eventuali cartelle cliniche che raccontano la storia fisica e psichica della vittima e che completano il quadro di ricostruzione necessario per giungere a una diagnosi finale. Tutto ciò per arrivare a verificare la presenza di elementi compatibili con atti di tipo suicidario e/o per capire quanto, e in che modo, la vittima potesse avere un ruolo attivo nella criminodinamica del decesso. In sintesi, si ricorre all’autopsia psicologica per avere una maggiore chiarezza sui casi di morte sospetta e indicare se si può pensare a suicidio, omicidio, o incidente.

Occorre capire, arrivati a questo punto, in che modo il professionista può operare e svolgere la propria autopsia psicologica. Shneidman, fin da subito, capì che era necessaria una checklist in grado di standardizzare la procedura e dare meno discrezionalità all’esperto, nella speranza di indagare tutte le aree e evitare il rischio di censura di un’area specifica che può invece rivelarsi importante.

E’ stato Gaetano De Leo a fornire la guida più completa, che si basa su 24 criteri vittimologici da tenere ben presenti durante l’intero processo:

Anamnesi storica della vittima (nome, età, stato civile, occupazione, anamnesi medica e familiare);
Anamnesi psicologica e psicopatologica;
Dati sulla morte (ad esempio il referto medico-legale);
Abitudini e idiosincrasie relazionali e interpersonali;
Modalità tipiche nelle separazioni di coppia;
Tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e frequenza;
Tipologia di persone frequentate con maggior frequenza;
Tipologia di rapporti particolari che eccezionalmente si concedeva;
Particolari orientamenti dell’esperienza sessuale;
Eventuali forme e qualità di dipendenza (droghe, gioco, sovra-indebitamento);
Eventuali esperienze di attività illecite (agite o subite);
Eventuale propensione al “rischio relazionale” o alle sperimentazioni di nuove forme di rapporto;
Fasi esistenziali e relazionali di transizione (cambiamenti avvenuti nella vita affettiva e relazionale);
Vulnerabilità tipiche riscontrabili nella storia della vittima (affettive, economiche, finanziarie e lavorative);
Tipologia di rapporti e di soggetti presenti in questa fase di vulnerabilità;
Tipologia di luoghi frequentati più comunemente (bar, discoteche, altro);
Tipologia di hobbies alla quale si dedicava;
Eventuali propensioni e qualità di partecipazione alla vita politica;
Adesione a gruppi ad orientamento religioso, filosofia e benessere personale;
Eventuali attività di volontariato;
Eventi significativi nell’ultimo anno (cambiamenti lavorativi, affettivi, viaggi);
Eventuali preferenze di siti internet visitati o di adesioni a particolari siti dedicati (amore, amicizia, sessualità, lavoro);
Falsificazioni delle ipotesi più evidenti da incrociare con i dati delle indagini scientifiche.

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